Il lavoro di Maria Hassabi ha fatto il giro del mondo in teatri, musei, gallerie e spazi pubblici, dal Centre Pompidou di Parigi al MoMA di New York. Nel corso degli anni ha sviluppato una specifica pratica coreografica articolata nel rapporto tra corpo in movimento e immagine, in cui l'immobilità e la durata diventano sia tecniche che oggetti di indagine.
In Figures, quattro performer eseguono degli assoli costruiti attraverso pose astratte, che tentano di riprodurre una narrativa emotiva attraverso la loro relazione con la temporalità e con la reciproca prossimità, in una risonanza infinita che presto coinvolge tutto il circostante.
Hassabi e Matera si incontrano nella densità di una stratificazione di gesti e di immobilità, di ramificazioni e di silenzi, che prendono la forma del corpo come traccia ancestrale. La mitologia di una città sta tutta nella sua capacità di muoversi non solo in avanti, ma ovunque, indietro nella sua storia e di lato, verso e oltre i propri confini. E così il corpo nel lavoro di Hassabi è un fenomeno in espansione, cresce con la fermezza e la naturalezza di un vegetale, e affonda le proprie radici nella storia del movimento, superando i propri confini e attraversando lo spazio per confondersi con la materia circostante. I corpi di Hassabi a Matera intercettano un’antichità e una forza che si identificano con la possibilità di essere la storia ancora per tanto tempo. Matera e il corpo diventano così un’unica immagine, che lentamente conosce e riconosce se stessa.
E così come Matera, anche i corpi qui si mostrano allo sguardo di chi cerca di scoprire le radici e i desideri della materia, delle sue stratificazioni. La vita di un giacimento è tutta nella lentezza imperturbabile e continua di un nutrimento sotterraneo, che rimanda al corpo e al suo identificarsi con un paesaggio profondo che è insieme antropologico e minerale. Dove nulla è impercettibile e fermo, se sta succedendo.