Marcello Di Paola conduce un'attenta ricerca sulle questioni ambientali che lo porta dentro la discussione sull’Antropocene: con Gianfranco Pellegrino ha scritto Nell’Antropocene. Etica e Politica alla fine di un mondo, edito da DeriveApprodi per la collana Habitus.
Il termine “Antropocene” è apparso nel lessico scientifico grazie al premio Nobel per la chimica atmosferica Paul Crutzen. Lo scienziato lo utilizzò per definire l’epoca geologica in cui l’ambiente terrestre, inteso come l’insieme delle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche in cui si svolge ed evolve la vita, è fortemente condizionato a scala sia locale sia globale dagli effetti dell’azione umana.
Nell'epoca in cui gli esseri umani sono una forza della natura superiore alle altre, una forza capace di determinare il corso della storia del pianeta Terra, si aprono molteplici interrogativi. Se la discussione è in atto, diverse ne sono le prospettive, a partire da quale senso e significato possa avere oggi il termine “natura” e quale debba essere la funzione di un essere umano che, auto-collocatosi al centro del mondo, sembra aver guadagnato in potenza ma perso il controllo, secondo il sogno illuminista.
Saltano i parametri d’interpretazione fin qui adoperati, altri sono già presenti, altri sono ancora da sviluppare rispetto al vertiginoso paradosso temporale per cui il futuro possa essere avanti o già collocato alle nostre spalle in modo irredimibile.
Cambiare ottica significa ridefinire comportamenti e decisioni, etica e politica, inglobando nel nostro orizzonte ciò che è stato radicalmente escluso. L’attuale indagine scientifica, per esempio, evidenzia come i vegetali mostrino forme di attività, intelligenza, percezione e comunicazione: essendo alla base della creazione della condizione della vita stessa, quali mutazioni di prospettiva comporterebbe la necessaria presa di coscienza di questi fattori?
«Per questo, non è tanto questione di dare alle piante uno statuto giuridico e una posizione morale, ma di ridefinire un’etica e una politica in continuità con l’insieme del vivente del quale siamo parte».