Si è conclusa “Sedimenti”, la sezione di Petrolio. Uomo e natura nell’era dell’Antropocene finalizzata alla realizzazione dello spettacolo Who cares? Ecologia del dialogo, esito di un interessante e innovativo progetto di co-creazione artistica che, come ha sottolineato il curatore Massimo Carosi, ha posto grande attenzione al processo per offrire a giovani coreografi e musicisti un’opportunità di incontro sul piano metodologico, estetico e relazionale.
Un progetto che ha sfidato – superandoli – alcuni pericoli insiti nella produzione di eventi in cornici articolate come quella di Matera 2019, che si confrontano con i grandi numeri e in cui spesso si corre il rischio di occultare la problematicità dei mondi artistici e spettacolari. Trovano difficoltà in questi sistemi soprattutto quei giovani talenti e quelle espressioni artistiche che seguono percorsi più rischiosi e inediti, e che non si adagiano su schemi di “facile successo”. È stata dunque una sfida interessante in cui il rischio “culturale” è stato ed è il fattore predominante. Un rischio che privilegia la durata e una visione di lunga prospettiva, contro l’effimero e l’opportunistica occasione.
Il percorso si è sviluppato tramite selezioni e residenze tra Spagna, Italia e Libano, in un’ampia rete di relazioni tra soggetti europei e mediorientali impegnati nel mondo della danza e delle arti performative. Lo sviluppo dello spettacolo si è avvalso a pieno dello spirito del concept di Petrolio, con l’idea della “collisione” tra soggettività e culture diverse. Tra tensioni e avvicinamenti, gli artisti sono riusciti a trovare chiavi per una “traduzione” delle reciproche differenze di linguaggio, secondo quanto l’etimo del verbo “tradurre” conserva in se circa il “tradire”: tradire un po’ se stessi per dare spazio all’altro. Il tutto a partire dalla dimensione del corpo, che è maggiormente scevra di sovrastrutture linguistiche e ideologiche, e che offre la possibilità di modalità di relazione più immediate e aperte.
Nel debutto materano i quattro giovani coreografi-danzatori – Bassam Abou Diab, Yeinner Chicas, Olimpia Fortuni e Leonardo Maietto – hanno potuto mettersi alla prova nello spazio ampio e complesso del Parco del castello Tramontano, uno spazio con cui si sono misurati con grande energia fisica e creativa. I due musicisti, Ayman Sharaf El Dine e Stefano Zazzera, sia singolarmente sia nel fondersi reciproco, tra sonorità contemporanee ed echi mediorientali, hanno aperto canali di grande energia ritmica, instaurando con la danza un dialogo dal vivo avvincente e incalzante. Il risultato complessivo è stato di grande effetto e ha conseguito un notevole coinvolgimento del pubblico. All’energia fisica necessaria a “vivere” uno spazio così complesso, si sono alternati momenti di fragilità emotiva ed esistenziale, drammatici conflitti e tensioni, e la ricerca di una contrastante armonia.
Dopo le performance della sezione Giacimenta, il parco del castello Tramontano ha avuto una nuova trasfigurazione. L’“improbabile” incontro di stili e personalità artistiche, culturali e musicali ha consentito agli spettatori di effettuare un viaggio fantastico tra le sponde del Mediterraneo, tra culture, esperienze e sensibilità diverse. Differenze che hanno sicuramente vinto la propria scommessa nella realizzazione di un “opera aperta” di qualità pronta a spiccare il volo per un lungo viaggio tra le scene mediterranee e del mondo.