Silvia Rampelli scrive ai curatori di Petrolio. Una testimonianza di consonanza e comunanza di azione.

Caro Peppe, caro Francesco,
scrivo per ringraziarvi di tutto, dell'idea, dell'impegno nella realizzazione, dell'interesse, dell'incontro.
Sarebbe stato ricco parlare pubblicamente di questa esperienza complessa e necessaria perché valenze e riverberi sono cruciali e riguardano ognuno di noi, ma non potevo farlo domenica sera ai ringraziamenti (18 giugno 2019, n.d.r.), non era il momento.

Aprire un luogo chiuso è un'opportunità. Generare apertura nella relazione e nell'identità è vitale. Si è trattato di un impervio processo vitale che in soli 10 incontri (10/20 ore?) ha dato frutti preziosi. Non mi riferisco alla dimensione spettacolare, che pure ha regalato momenti di chiarezza, ma a una trasformazione reale che negli ultimi giorni è stata addirittura impensata. Desiderio, motivazione, decisionalità, l'emergere del soggetto e con esso della relazione. Abbiamo incontrato quattro individui soli, abbiamo visto andare via insieme l'ultima sera quattro persone, quattro amici. Istituire un mondo diverso è possibile. Se pure per un istante, quell'istante diventa approdo, memoria cui tornare. Ne sono convinta, lo vedo nei fatti e fuori da qualsiasi ideologia. Per questo accetto il rischio di progetti impossibili sulla carta e ringrazio Michele e Francesca per averne pensato uno tanto folle da riunire in un pomeriggio pieno di rondini il lavoro artistico e intellettualmente alto di Alessandro e Maria (Alessandro Sciarroni e Maria Hassabi, n.d.r.) accanto allo spaccato umano irriducibile, autoevidente degli ospiti della Casa di Riposo, per avere dato vita a un ambiente atto ad accogliere senza separazioni entrambi.

Sono stata con Carlo, Michele, Francesco, Francesco, dove loro potevano stare, spostando ogni giorno poco a poco l'orizzonte. Sono arrivati il sabato e la domenica di condivisione, abbiamo continuato a spostare l'orizzonte. Nessun asservimento, una costruzione progressiva, uno star bassi dove si poteva stare, accanto all'uomo. Avremmo potuto certamente fare meglio, ma l'ultimo giorno ha regalato ciò che il primo non poteva lontanamente intravedere. È stato molto bello.

Grazie a tutti,
Silvia

Cara Silvia,
non puoi immaginare quanto l’incontro con te e il tuo lavoro sia stato importante per me e per noi tutti. Ma soprattutto per me che in questo momento ho lambito la difficoltà dell’esistenza e dell’abbandono, lavorando al mio progetto sul “Giardino della mescolanza” (ricordi, quello di cui ti parlavo e che abbiamo realizzato presso la casa di riabilitazione Don Uva di Potenza?).

La tua sensibilità umana e professionale, il tuo modo di relazionarti verso gli altri e il mondo sono indice di una profonda sensibilità e capacità di cogliere le fragilità umane per renderle elemento di forza. Tu parli di allargamento di orizzonti, io parlo di svelamento di mondi con sensibilità e discrezione, anche quando si affacciano abissi di sofferenza. Per questo ti ringrazio di esserci e di essere stata con noi con la tua radicale umana semplicità, unico modo per poter accogliere l’altro e portarlo in luce.
Spero che questo discorso, inevitabilmente fatto anche di frammenti e rotture, possa continuare in futuro. Siamo insieme alla ricerca non di arroganti verità ma di piccole illuminazioni e rivelazioni che ci possano indicare la strada per creare luoghi di comunanza nel dono reciproco. Una strada che oggi appare ricca di ostacoli.

Abbraccio te, i nostri protagonisti e tutti quelli che ti hanno accompagnato nel lavoro e ti ringrazio nuovamente con affetto.

Francesco