La presenza di Roberto Latini a Potenza per l’intenso laboratorio teatrale L’attore senza spettacolo chiude la sezione “Stratificazioni” del progetto Petrolio. Uomo e natura nell’era dell’Antropocene, e allo stesso tempo ne è, in qualche modo, un nuovo inizio, un nuovo punto di partenza, un impulso creativo per il futuro che segna idealmente una tangente che da Matera 2019 conduce in direzioni potenziali e feconde. Il laboratorio ha dato inizio, infatti, a un percorso per una nuova produzione con protagonista la compagnia Abito in scena.
Il 2019 è stato un anno impegnativo per l’Associazione Basilicata 1799: non è semplice tenere le fila di due progetti di grande complessità come Petrolio, per Matera Capitale europea della cultura 2019, e l’undicesima edizione di Città delle 100 scale festival, attività che per alcuni tratti hanno incrociato le loro strade durante l’anno. Tutto il percorso progettuale di Petrolio si è avvalso della preziosa esperienza accumulata nella gestione del festival nell’ambito del teatro, della danza e delle arti performative contemporanee, oltre che della collaborazione di persone che in questi anni sono entrate in stretta relazione con la nostra azione sulla città e sul territorio, e che per l’occasione hanno curato delle sezioni del palinsesto.
Michele Di Stefano e Francesca Corona hanno preso in incarico la sezione “Giacimenta”, convocando a lavorare sui temi del dossier della Capitale europea artisti come Maria Hassabi, Silvia Rampelli e un altro nostro corrispondente di vecchia data, Alessandro Sciarroni. Massimo Carosi, per molti anni consulente del festival per la danza, ha curato la sezione “Sedimenti”, con una residenza creativa internazionale (Italia, Spagna, Libano) per un lavoro collettivo di quattro giovani coreografe/i che, dopo il debutto materano, abbiamo voluto portare anche nel festival, a Potenza. La sezione “Pensiero geo-logico”, sotto la nostra stessa cura (mia e di Giuseppe Biscaglia, curatori di Città delle 100 scale) in collaborazione con l’Università della Basilicata ha riproposto in modo chiaro la nostra formula dell’elaborazione della filosofia e dell’architettura accanto a quella delle scene, per un’azione culturale consapevole e strutturata che fughi ogni dubbio riguardo a quali siano le questioni tirate in ballo quando si allestisce uno spettacolo. La compagnia Abito in scena ha curato invece la sezione “Stratificazioni”, espletando uno sguardo più prossimo ai nostri territori con un movimento di zoom-in e zoom-out che è da sempre nelle corde del festival. Un ringraziamento, quindi, va alla Fondazione Matera-Basilicata 2019, a tutti i protagonisti, allo staff. Così come a tutti i nostri inestimabili collaboratori.
Tornando al laboratorio teatrale con Roberto Latini, il titolo L’attore senza spettacolo rimanda evocativamente e interrogativamente alla ricerca compiuta dall’attore che è di fronte a se stesso, alla propria scelta di essere attore, al proprio rapporto con il teatro e il pubblico. Un attore che si interroga su come ci si possa approcciare a una dimensione che si ponga oltre la semplice “immagine” per intraprendere gli infiniti spazi dell’immaginazione, e che cerca quell’impulso che spinge verso il futuro in un’apertura temporale che non ha certezze, segnata dal kairos: quell’avvento del tempo debito che apre alle possibilità dell’accadere del momento in cui teatro e pubblico entrano in sintonia.
Proprio al pubblico l’attore pone la propria attenzione con quell’onestà intellettuale e quel coraggio del “rischio artistico” che si rendono sempre più necessari in un tempo in cui la dimensione economica ha assorbito in sé ogni urgenza e pulsione. Un tempo – come dice Latini – in cui i termini della comunicazione cambiano repentinamente e che fa del teatro uno dei pochi luoghi in cui è ancora possibile essere in silenzio in coro, capaci cioè di essere assorbiti in se stessi, in uno stato di afasia ricercata che è però propensione all’ascolto e apertura alla dimensione comunitaria. Il teatro resta, prima di tutto, esperienza, sintesi di un intimo incontro con il pubblico.
A causa degli attuali meccanismi di sovvenzione pubblica, i vincoli quantitativi che si impongono al teatro in Italia conducono alla conformazione delle produzioni su un livello di facile fruibilità, secondo un modello puramente “commerciale” che priva le compagnie del tempo e delle energie necessarie per rischiare nella scommessa col futuro, mettendo in gioco il rispetto per le idee, la possibilità di coltivare le intuizioni e la sperimentazione artistica.
In questo scenario l’occasione che un laboratorio teatrale offre deve essere profondamente segnata dall’onestà intellettuale necessaria a non creare vane illusioni, soprattutto nei confronti dei giovani che si avvicinano al teatro. Per quanto sia fondamentale mantenere i piedi ben saldi per terra, è necessario coltivare la possibilità di continuare a rivolgere lo sguardo verso l’oltre. Con tutte le difficoltà che ciò comporta.