Maria Hassabi

È nata a Cipro. Vive e lavora a New York.
Artista e coreografa, i suoi spettacolo sono presentati in teatri, musei, gallerie, festival e spazi pubblici del mondo intero: Walker Art Center (Minneapolis), MoMA, The Kitchen, Performa, Performance Space 122 (New York), Hammer Museum (Los Angeles), Stedelijk Museum (Amsterdam), 55.
Biennale di Venezia, Kunstenfestivaldesarts (Bruxelles), Australian Centre for Contemporary Art (Melbourne), steirischer herbst (Graz), ecc.

Nel 2016 Hassabi ha ricevuto il prestigioso premio Bessie a New York per l'eccellenza della performance Plastic al Moma. Nel 2015 ha ricevuto il premio Herb Alpert e nel 2012 il premio President del Lower Manhattan Cultural Council. Nel 2011 è stata borsista della Fondazione Gugghenhei, e nel 2009 della Foundation for Contemporary Arts.

Le sue live installation si muovono misteriosamente attraverso le forme espressive – scultura, fotografia, loop digitali – mettendo in circolo immagini energetiche e allusive ispirate al mondo. Caratterizzate da fisicalità scultorea, immobilità e quiete, lavorano contro il nostro senso del tempo che, nella nostra cultura, sembra accelerare e crescere nel ritmo.

In molti dei progetti di Hassabi il corpo performante è in primo piano. Utilizzando la durata e l’immobilità come, al contempo, tecnica e soggetto, il corpo oscilla tra la danza e la scultura, tra il soggetto e l’oggetto, il corpo vivo e la natura morta. Questa interferenza crea tensioni tra i performer e il trattamento dei loro corpi come oggetto, tra la forma fisica dell’essere vivente e la sua mediazione fotografica. I danzatori giustappongono movimento protratto e prolungata stasi, dando allo spettatore il tempo di considerarli come immagini, tutt’uno con molteplici riferimenti iconografici.

appuntamenti

Il lavoro di Maria Hassabi ha fatto il giro del mondo in teatri, musei, gallerie e spazi pubblici, dal Centre Pompidou di Parigi al MoMA di New York. Nel corso degli anni ha sviluppato una specifica pratica coreografica articolata nel rapporto tra corpo in movimento e immagine, in cui l'immobilità e la durata diventano sia tecniche che oggetti di indagine.